Natività di Maria SS.ma

abbiamo bisogno della parola si verità che ci illumini il cammino

Abbiamo bisogno della parola di verità, che ci illumini il cammino

Gli apostoli, dopo la loro prima missione, ritornano da Gesù e gli riferiscono «quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato». Dopo l’esperienza della missione, entusiasmante ma anche faticosa, essi hanno un’esigenza di riposo. E Gesù, pieno di comprensione, si preoccupa di assicurare loro un po’ di sollievo e dice: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’».

Ma l’intenzione di Gesù non si può realizzare, perché la folla, accorre là prima del loro arrivo. Lo stesso può accadere anche oggi. A volte non riusciamo a realizzare i nostri progetti, perché sopraggiunge un imprevisto urgente che scombina i nostri programmi e richiede flessibilità e disponibilità alle necessità degli altri. In queste circostanze, siamo chiamati ad imitare quanto ha fatto Gesù che «ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose». Osserviamo i tre verbi: vedere, avere compassione, insegnare. Lo sguardo di Gesù non è uno sguardo distaccato, perché Gesù guarda con gli occhi del cuore. E il suo cuore è così tenero e pieno di compassione, che sa cogliere i bisogni anche più nascosti delle persone. Inoltre, la sua compassione non indica semplicemente una reazione emotiva, ma è l’attitudine e la predisposizione di Dio verso l’uomo e la sua storia. Gesù appare come la realizzazione della sollecitudine e della premura di Dio per il suo popolo. Dato che Gesù si è commosso nel vedere quella gente bisognosa di guida e di aiuto, ci aspetteremmo che si mettesse ora ad operare qualche miracolo. Invece, si mise a insegnare loro molte cose. Ecco il primo pane che il Messia offre alla folla affamata e smarrita: il pane della Parola. Tutti noi abbiamo bisogno della parola di verità, che ci guidi e illumini il cammino. Senza la verità, che è Cristo stesso, non è possibile trovare il giusto orientamento della vita. Quando ci si allontana da Gesù e dal suo amore, ci si perde e l’esistenza si trasforma in delusione e insoddisfazione. Con Gesù al fianco si può procedere con sicurezza, si possono superare le prove, si progredisce nell’amore verso Dio e verso il prossimo.

Papa Francesco.

Da Papa Francesco

I tre consigli dello Spirito Santo

1. Il primo consiglio dello Spirito Santo è: “Abita il presente”. Il presente, non il passato o il futuro. Il Paraclito afferma il primato dell’oggi, contro la tentazione di farci paralizzare dalle amarezze e dalle nostalgie del passato, oppure di concentrarci sulle incertezze del domani e lasciarci ossessionare dai timori per l’avvenire. Non c’è tempo migliore per noi: adesso, lì dove siamo, è il momento unico e irripetibile per fare del bene, per fare della vita un dono.

2. Poi il Paraclito consiglia: “Cerca l’insieme”. L’insieme, non la parte. Lo Spirito non plasma degli individui chiusi, ma ci fonda come Chiesa multiforme, in un’unità che non è mai uniformità. Il Paraclito afferma il primato dell’insieme. Nell’insieme, nella comunità, lo Spirito agisce e porta novità. Guardiamo agli Apostoli. Erano molto diversi. C’erano idee politiche opposte, visioni del mondo differenti. Ma quando ricevono lo Spirito imparano a non dare il primato ai loro punti di vista umani, ma all’insieme di Dio. Oggi, se ascoltiamo lo Spirito, non ci concentreremo su conservatori e progressisti, tradizionalisti e innovatori, destra e sinistra: se i criteri sono questi, vuol dire che nella Chiesa si dimentica lo Spirito. Il Paraclito spinge all’unità, alla concordia, all’armonia delle diversità. Il nemico vuole che la diversità si trasformi in opposizione e per questo le fa diventare ideologie. Dire “no” alle ideologie, “sì” all’insieme.

3. Infine, il terzo grande consiglio: “Metti Dio prima del tuo io”. È il passo decisivo della vita spirituale, che non è una collezione di meriti e di opere nostre, ma umile accoglienza di Dio. Il Paraclito afferma il primato della grazia. Solo se ci svuotiamo di noi stessi lasciamo spazio al Signore; solo se ci affidiamo a Lui, ritroviamo noi stessi; solo da poveri in spirito diventiamo ricchi di Spirito Santo. Vale anche per la Chiesa. Non salviamo nessuno e nemmeno noi stessi con le nostre forze. Se in primo luogo ci sono i nostri progetti, le nostre strutture e i nostri piani di riforma scadremo nel funzionalismo, nell’efficientismo, nell’orizzontalismo e non porteremo frutto. La Chiesa non è solo un’organizzazione umana, la Chiesa è il tempio dello Spirito Santo. Gesù ha portato il fuoco dello Spirito sulla terra e la Chiesa si riforma con la forza della preghiera, con la gioia della missione, con la bellezza disarmante della povertà.                Papa Francesco – Pentecoste 2021

S. Margherita


Margherita, la santa disabile
 
Pochi giorni fa, il Papa ha autorizzato il decreto che estende a tutta la Chiesa il culto della mistica disabile vissuta fra il 1200 e il 1300, a Città di Castello, nella città dell’Umbria, benché fosse originaria di Metola, nelle Marche. Scartata dai genitori, analfabeta, morta ad appena 33 anni, è stata un’“ancella del Vangelo” accanto agli ultimi e agli emarginati come lei. Ora diventa santa, perché «in settecento anni la venerazione verso una piccola donna che ha fatto delle sue sofferenze una feconda testimonianza di carità si è estesa in modo straordinario in tutto il mondo», racconta il vescovo. Sempre il vescovo dice che: «Fa pensare la coincidenza che il decreto riguardante la santità di Margherita, giunga a 15 anni dalle linee guida per l’inclusione delle persone con disabilità scritte dalle Nazioni Unite». Infatti quella di Margherita è una storia di disabilità e di “scarto”. Nata cieca e deforme in una famiglia della piccola nobiltà, viene rinchiusa in una cella perché resti nascosta agli occhi del mondo. I suoi “difetti” fanno vergognare la famiglia. A cinque anni è portata dai genitori a Città di Castello, per chiedere per lei una guarigione miracolosa, che non avviene. E la bambina viene abbandonata. Dopo aver mendicato per le vie del borgo, è accolta dalle suore; dopo un po’ la ripudieranno anche loro. «Davvero Margherita ha sperimentato l’esclusione. Ma Dio trasforma in qualcosa di prezioso ciò che all’uomo appare come un inciampo», dichiara il vescovo. Verrà “salvata” da una coppia di devoti che la accoglieranno in casa. E la santa sarà l’educatrice dei figli, ma anche un’amica di carcerati e infermi. Innamorata della preghiera, dedita a pratiche penitenziali, farà prodigi e guarigioni. Poi entrerà a far parte delle suore Mantellate domenicane. Ecco perché il suo corpo si trova nella chiesa di San Domenico a Città di Castello. Oggi la santa viene invocata negli Usa come protettrice delle partorienti e dei disabili. La canonizzazione di Margherita dimostra che la santità è un cammino accessibile a tutti: anche a chi ha una disabilità. E il vescovo conclude: «Illuminata dallo Spirito, la mistica ha vinto i suoi deficit e ha vissuto un’eccezionale maternità spirituale. Tutto ciò è una provocazione rispetto al pensiero dominante che misura l’uomo con il metro dell’efficientismo».     Da: “Avvenire” – 25 aprile 2021

o bel cuore del mio Gesù

Gesù confido in te

O bel Cuore del mio Gesù,
No, peccare non voglio mai più.
Il mio cuore consacro a Te,
Con l’ardore di viva fe’.

Voglio amare le Tue virtù,
O bel Cuore del mio Gesù.

La purezza del Cuore di Cristo
È un mistero, spiegarsi non può.
O beato chi tende all’acquisto
Di quel sommo divino tesor!

Viva il Cuor dell’Agnello divino,
Viva il Cuor dello sposo Gesù.

O amabile amante ed amato,
Dolce Amor del mio caro Gesù,
Del Tuo Amore Tu m’hai infiammato,
Or Ti amo e Ti voglio amar.

Sì, lo giuro, Signore, lo spero,
Che in eterno Ti amerò.

Auguri di Buona Pasqua

Chi ci farà rotolare via la pietra. Mc 16.3

Da soli con le nostre forze, sarà impossibile far rotolare la pietra di ostacolo della nostra vita. Con la Sua grazia la troveremo già rotolata!!! Con la forza Pasquale ogni pietra grande e pesante diventerà un sassolino da poter gestire.

Auguro a tutti voi cari amici del web, una felice Pasqua

Con l’amore del Signore. Un abbraccio grande a tutti ❤

Festa della donna

auguri! Atutte le donne

Auguro a tutti un buon otto marzo

la festa della donna è tutti i giorni dell’anno non solo l’otto marzo!

a tutte le donne che ogni giorno urlano in silenzio,

a quelle che non possono vivere la propria femminilità,

alle donne che dedicano la loro vita alla famiglia e alla cura degli altri,

alle donne intrappolate dai preconcetti e dalle ipocrisie,

auguro di ribellarsi e fare sentire

a tutto il mondo il loro grido!

scintille

Lo sapevate che…

Mercoledì 17 febbraio, inizia la quaresima. Il nome “Mercoledì delle ceneri” è legato al rito liturgico che caratterizza la Messa di tale giorno: il celebrante pone una piccola quantità di cenere benedetta sulla fronte o sulla testa dei fedeli. Secondo la tradizione, le ceneri vengono ricavate dalla bruciatura dei rami d’ulivo che erano stati benedetti nella Domenica delle Palme dell’anno precedente. Il significato del gesto è quello di ricordare la provvisorietà della vita terrena e di introdurre all’impegno di conversione della Quaresima. Le formule che accompagnano l’imposizione delle ceneri sono due: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai” (Gen 3,19) oppure “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15). L’imposizione delle ceneri al principio della Quaresima, nell’antichità, era legata alla penitenza di chi aveva commesso dei peccati gravi. La mattina del mercoledì, i penitenti si presentavano ai sacerdoti e confessavano i propri peccati e ricevevano una veste di ruvido cilicio cosparso di cenere, con l’ordine di compiere la penitenza loro imposta. La penitenza durava durante tutta la Quaresima, fino al Giovedì Santo, giorno della riconciliazione. Con la scomparsa della penitenza pubblica, si diffuse l’usanza che tutti si facessero imporre le ceneri sulla testa in segno di penitenza

Riflessioni

Vedere Dio: un desiderio che è da sempre nel cuore umano

Intervista a padre Cesare Falletti, priore di un monastero circestense

Un salmo dice: “mostrami Signore il tuo volto”. Che significato ha per un monaco?

Il volto è la presenza. C’è bisogno della presenza del Signore, nella nostra vita, per andare avanti. Per la nostra fede siamo costantemente sfidati a vivere e pensare “come se lui ci fosse”, ma non ne abbiamo esperienza. Noi ci fidiamo del fatto che lui è presente, che lui non ci abbandona.

Gesù nel nostro prossimo?

Lo ha detto lui stesso. Ma bisogna stare attenti, non è semplicemente una sfida sociale, un dovere morale. Noi cristiani abbiamo la mania di rendere tutto morale. Ma questa frase di Gesù mi ricorda che ho un incontro continuo col volto di Dio, anche senza poterlo vedere; che sono in presenza di Dio che è il mio tutto.

L’invocazione del salmo sembra persino dolorosa, disperata…

È una grande povertà non poter vedere il volto di Dio. Desidero vederlo perché ho bisogno di dare del tu a qualcuno. Nella nostra vita chiediamo alle persone che incontriamo: parlami di te, fatti vedere, raccontami chi sei. Perché abbiamo bisogno dell’altro. Chiedere a Dio di mostrarmi il suo volto è dire: fatti conoscere, entra nella mia vita.

Ma i salmi ci dicono anche “Cercate il suo volto”

Certo: cercare il volto del Signore è rendersi disponibili al suo ingresso nella nostra vita. Lui continua a dirci: cercami, fidati… Poi lo vedremo davvero solo oltre la morte.

Siamo destinati a non vederlo fino ad allora?

Gesù dice: “Io sono con voi tutti i giorni”. Ma per noi questa presenza è percepita solo nell’atto di fede e l’atto di fede non è riposante. Il dire “per fortuna ho la fede” è una frase che suona strana: non ci si può riposare su questo perché la fede mi chiede di vivere con questa presenza, che devo costantemente cercare.

Ma abbiamo bisogno di segni concreti e Dio vorremmo vederlo davvero…

Chiediamo miracoli perché abbiamo bisogno di segni concreti. Ma sappiamo che non possiamo vivere solo di miracoli e spesso nemmeno li riconosciamo. Eppure se guardiamo alla nostra vita in un’ottica di fede riusciamo vedere l’intervento di Dio: “quel giorno come ho fatto io che non sono capace… e quell’incontro provvidenziale?” Tutto questo, però, non è mai evidente e indubitabile: serve sempre un atto di fede.

Ma esistono i non credenti. E’ una questione di libertà?

Sì. Ma la libertà non è fare quello che si vuole. È una cosa intima. Il dire non me la sento di credere è un atto di libertà così come dire io credo. Ma non è un fatto morale. Non sono colpevole di dire non ce la faccio a credere. Certo che se dietro c’è un pensiero del tipo “mi fa comodo non credere”, allora ci può essere una colpa.

Fede e dubbio… Per questo Dio ha mandato suo figlio con un volto da vedere?

Dobbiamo chiederci cosa è la fede, in generale. E la fede è saper dire: “Dio è con me”. La cosa di base è che Dio è con noi. Poi Dio un volto ce lo ha dato davvero: quello di Gesù. Ma anche qui per ammetterlo è necessario un salto di fede, perché potremmo dire: “Non sei tu il figlio del falegname?”. La Parola di Dio trova il suo apice nel Vangelo, ma non è solo il Vangelo. È un lungo percorso che il Padre fa fare ai suoi figli. È una pedagogia. Il volto di Dio si mostra sempre più chiaro man mano che cresciamo nella fede.

Ci può essere fede se non desidero vedere il volto di Dio?

Dietro a ogni vocazione c’è stato qualcuno che ha fatto fare quell’esperienza che fa dire: qui c’è qualcosa di vero. Questa è la testimonianza. Se l’omelia non si fa sentire il gusto di cercare il volto di Dio è inutile parlare di comandamenti o di fede. Ogni omelia dovrebbe mostrare che dietro alla Parola del Vangelo c’è un Dio che vuole mostrarci il suo volto.

Ce n’è di strada!

Certamente. Ma anche qui per farla occorre che qualcuno ci faccia sentire il gusto del cammino e quel grido che è in noi, che nasce dal bisogno di vedere Dio. Abbiamo questo desiderio dentro. E Lui ci chiede di cercare il suo volto come risposta al nostro bisogno. La ricerca del volto di Dio è la strada dell’essere se stessi.

Da: “Avvenire – 22 novembre – 2020